Breviario: C

CYBERJUSTICE

La formula cyberjustice è spesso usata come sinonimo di e-justice (giustizia digitale). Secondo l’impostazione adottata a livello internazionale, la giustizia digitale è definibile come il risultato del processo di incorporazione delle tecnologie digitali nel sistema dell’amministrazione della giustizia (CEPEJ 2016). Questa definizione ampia quindi copre tutte le attività giurisdizionali in cui sono impiegate le applicazioni digitali: re-ingegnerizzazione di processi, raccolta dati e integrazione dei sistemi, risoluzione di controversie online, svolgimento dei processi da remoto, sistemi digitali di accesso alle prove ecc. (UNDP 2022).
La digitalizzazione della giustizia intesa in senso lato coinvolge più d’un aspetto di rilevo costituzionale: l’esercizio della funzione giurisdizionale (es. art. 24 Cost e diritto di difesa esercitato online nelle udienze penali durante la pandemia da covid-19); l’organizzazione degli apparati amministrativi e giudicanti (es. art. 25 Cost. e applicazione automatizzata del principio di precostituzione del giudice naturale); la separazione dei poteri nello Stato costituzionale (es. sul ruolo dei Consigli di giustizia nelle decisioni sulla digitalizzazione giudiziaria).
Nell’ambito della giustizia digitale, sono in fase di sperimentazione sistemi di “giustizia predittiva” basati su applicazioni di intelligenza artificiale, capaci di restituire previsioni probabilistiche sugli esiti di una specifica attività giudiziaria (CEPEJ: European ethical Charter on the use of Artificial Intelligence in judicial systems and their environment). Questi sistemi presuppongono un livello avanzato di digitalizzazione dell’organizzazione giudiziaria e, in particolare, dei dataset delle decisione giudiziarie su cui i sistemi predittivi possono essere addestrati. Le cautele al riguardo sono numerose, particolarmente da parte dei giuspubblicisti che considerano irrinunciabili le garanzie previste dall’ordinamento giuridico a tutela dell’autonomia e dell’imparzialità dei magistrati (su cui vedi la decisione del Conseil constitutionnel francese, dec. n. 2019-778, che ha riconosciuto la legittimità della scelta legislativa di proibire la profilazione dei giudici attraverso strumenti di intelligenza artificiale).
La normativa fissa in ogni caso alcuni limiti non superabili. L’art. 22 del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali n. 2016/679 (General Data Protection Regulation – GDPR) stabilisce che ogni persona interessata «ha il diritto di non essere sottopost[a] a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che l[a] riguardano o che incida in modo analogo significativamente [su di lei]».
Il Regolamento sull’intelligenza artificiale n. 2024/1689 (Artificial Intelligence Act – AI Act) inserisce l’attività giurisdizionale nella categoria delle attività ad alto rischio, per cui l’uso di sistemi vasati su intelligenza artificiale è subordinato a più stringenti obblighi e divieti volti a garantirne la trasparenza, l’affidabilità e il controllo da parte dell’uomo (cfr. gli artt. 8-15 AI Act).

Approfondimenti
Casonato, Intelligenza artificiale e giustizia: potenzialità e rischi, in Dpce online, 2020
Garapon, Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, Bologna, 2021
Longo, Giustizia digitale e Costituzione. Riflessioni sulla trasformazione tecnica della funzione giurisdizionale, Milano, 2023